Ognuno di noi ha una montagna da scalare, una Itaca per cui lottare…
(differenti vedute nelle opere classiche dell’Occidente e dell’Oriente)
Il racconto giapponese medievale Yuriwaka Daijin – Il grande Signore Yuriwaka – è un’elaborazione di fantasia basata su fatti storici relativi all’invasione del Giappone da parte dei Mongoli avvenuta nel XIII secolo.
L’eroe della storia è un giovane nobile di nome Yuriwaka, scelto dalle divinità per comandare in guerra le forze del Giappone. Partito con un’imponente flotta, dopo uno stallo di tre anni riesce a sconfiggere i nemici in un’epica battaglia in cui intervengono in suo favore le divinità Shinto e Buddhiste.
Durante il viaggio di ritorno viene tradito da un suo subordinato che lo abbandona su di un’isola deserta per usurpare il tuo titolo e insidiare sua moglie.
Grazie all’aiuto delle divinità, dopo alcuni anni riesce a tornare a casa, mutato nell’aspetto e per questo irriconoscibile anche agli occhi dei suoi servitori. Sua moglie nel frattempo era riuscita a non risposarsi, prendendo tempo per compiere la sua promessa di trascrivere mille volte un sacro testo buddhista.
Parallelismi o ispirazione?
Ora, i parallelismi sono evidenti, ma questo non ha finora determinato un completo riscontro accademico riguardo all’ispirazione alle opere di Omero che vennero introdotte in Giappone dai Gesuiti intorno al 1550, o forse addirittura in precedenza da altri contatti con stranieri (南蛮人 nanbanjin).
Tra gli studiosi la questione rimane dibattuta al punto che vi è più di una ricostruzione storica. Di fatto è evidente una differenza centrale nell’opera orientale: il tema della Vendetta e dell’Onore sono una motivazione portante nella trama.
D’altronde non sono proprio i “molti volti” o le “molte facce” le caratteristiche con cui viene definito l’eroe Omerico? Anche se interpretazioni più recenti trovano più conforme il termine “complicato” o “complesso” per dare corrispondenza all’originale polytropos.
La complessità
Un labirintico intreccio, un insieme di elementi interagenti, un apparente caos generato dall’incessante mutare di Yin e Yang, che sfocia nelle “diecimila cose”! Ad un occhio distratto tutto questo potrebbe sembrare senza senso, ma ogni elemento è interconnesso per chi ha la giusta chiave di lettura.
L’intelligenza e la complessità della mente, sono le armi che permettono ad Ulisse di resistere alla pozione di Circe che trasforma gli uomini in porci, inoltre gli conferiscono la possibilità di sapersi adattare alle situazioni, creando piani complessi, determinanti, per il corso degli eventi. Questo perchè il suo sguardo sul mondo è sufficientemente intenso e permeato di coscienza.
In assenza di una mente aperta, ricettiva e capace di compiere un continuo atto di coraggio, per vivere il presente, il Viaggiatore scoprirà che l’arma dell’intelletto gli si ribellerà contro, portando rovina e distruzione interiore.