La contemplazione della caduta dei fiori di ciliegio, l’hanami 花見, che avviene a partire dagli inizi di aprile (nel sud dell’isola di Honshu) fino alla metà di maggio (nella parte settentrionale dell’Hokkaidō), l’intera nazione scopre di godere di milioni di alberi di prunus (sakura) che fioriscono in ogni parte del paese, è una festa che dura tutto il giorno, fino alla notte, quando arriva il momento di liberare nel cielo le classiche lanterne di carta con attaccati i propri desideri e le proprie speranze. Questa è un’occasione significativa in cui provare il mono no aware.
Questi fiori compaiono così all’improvviso, offrendo una sensazione di gioia sempre più intensa. Eppure, insieme a questa felicità, c’è una strana malinconia, nata dalla consapevolezza che, con la stessa rapidità con cui sono arrivati, scompariranno, lasciando solo un prezioso ricordo.
Questa curiosa sensazione, in bilico sul confine tra felicità e tristezza, è chiamata mono no aware.
Mono no aware «il senso delle cose» quindi indica il senso della precarietà delle cose, il gusto dolce-amaro del loro trascorrere. Il concetto di mono-no-aware è stato descritto per la prima volta dal poeta e studioso giapponese Motoori Norinaga (1730-1801) estraendolo dal Genji Monogatari.
Scritto all’inizio dell’XI secolo, e spesso considerato il primo romanzo psicologico giapponese, è un inno al mono no aware. La parola compare più di 1.000 volte.
Documenta la vita del principe Genji, coprendo i suoi numerosi intrecci romantici. Il fiore di ciliegio è usato come simbolo del principe, della sua perfezione e della fugace vita umana.
La gioia della vita che si manifesta nel qui e ora, adesso, dall’altro la malinconia per la fine che incombe su tutto, questi due aspetti non sono altro che le due facce di una stessa medaglia; convivono entrambi nell’animo umano, il quale, mentre gode e gioisce per lo spettacolo dato dal sole che piano piano tramonta, è pervaso da una certa malinconia che lo avvisa che quello è l’attimo in cui muore il giorno.
Questa dualità, talmente complessa da esprimere nella nostra lingua, diventa comprensibile e diretta nella lingua giapponese, grazie all’espressione mono no aware, che si compone di due parti e cioè mono no, che vuol dire “delle cose”, e aware, che significa “partecipazione emotiva”, “compassione”, “malinconia”.
Aware è un’esclamazione simile al nostro “oooh” di stupore, un’esclamazione di meraviglia e di turbamento attribuita alla qualità emotiva delle cose e al loro valore connaturato. Tutte queste emozioni sono sempre collegate all’osservazione della natura.
La bellezza diventa una rappresentazione tormentata e dolce di vita e morte che coesistono nel qui e ora.
Ciò che però manca nel concetto di mono no aware è la tragedia: la malinconia per la fragilità dell’esistenza conduce più a un sentimento di accettazione e quindi, proprio questa rassegnazione provoca una reazione opposta, un invito a godere dello spettacolo donato dalla natura.
Dobbiamo quindi imparare a contemplare, osservare e assaporare il momento che stiamo vivendo, bello o brutto che sia, semplicemente perché abbiamo la fortuna di viverlo.
Il mono no aware, non è soltanto nelle cose: è anche nelle persone, in ogni rapporto che allacciamo. Come le cose, anche le relazioni hanno un inizio e una fine, e sono costituite da momenti. La percezione della fine non deve disincentivare, deve spingerci a vivere fino in fondo ogni istante e ogni passione.
La bellezza ci permette di tollerare la fine come parte essenziale della vita, senza temerla, senza negarla. Una poesia del Kokinwakashū (o abbreviato in Kokinshū NdR) “Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne” esprime bene questa valore estetico:
Sostieni TAKUMI lifestyle su TipeeeO ciliegio, quanto somigli
a questo nostro transeunte mondo
poiché ieri eri fiorito
andati sono oggi i tuoi fiori.