Dopo decenni di avvisi, ricerche scientifiche e previsioni basate su modelli fisico-matematici tanto precisi quanto inascoltati, siamo arrivati al punto che l’essere umano non può più far finta di non vedere l’impatto devastante che ha avuto sul pianeta. Abbiamo rincorso un finto archetipo di sviluppo che non solo non ha dato quel benessere tanto agognato, ma non ha fatto altro che portare l’uomo ad un passo dalla sua stessa fine, perché banalmente di questo si parla, dell’aver minato il pianeta al punto tale d’aver compromesso le condizioni per la nostra sopravvivenza.
Ghiacciai che si sciolgono, specie animali già estinte o in via d’estinzione (e con esse la biodiversità), desertificazioni, sbiancamento delle barriere coralline, annientamento della foresta amazzonica… tutte notizie che non ci hanno minimamente scalfito nonostante le grida d’allarme degli enti ambientalisti e delle varie Greta Thunberg di turno. Ma adesso è impossibile – ipocritamente ed egoisticamente – voltarsi dall’altra parte, perché quello che sta accadendo in questi ultimi mesi non sta succedendo dall’altra parte del mondo, ma qui in casa nostra!
Veri e propri scenari apocalittici sono all’ordine del giorno, come le intere zone della Germania distrutte da terribili inondazioni, o come le aree italiane devastate da incendi mentre al contempo altre venivano colpite da violentissime grandinate con chicchi di ghiaccio dal diametro di 15 centimetri. Interi settori agricoli messi sistematicamente in ginocchio da queste calamità naturali dovute al cambiamento climatico, ed anche chi, come me, è dedito alla pratica del bonsai, non dorme più sonni tanto tranquilli pensando al futuro dei propri alberi.
Diventerà sempre più difficile coltivare e gestire essenze che non sono strettamente legate al proprio clima, senza parlare degli attacchi da parte di quei nuovi insetti e patogeni che con questi stravolgimenti climatici trovano condizioni ideali per prosperare (come lo è ad esempio il coleottero giapponese popillia japonica che si sta sempre più diffondendo qui in Italia).
Bonsai. Soggetto o oggetto?
Ma fare bonsai vuol dire “prendersi cura”, non vuol dire acquistare un materiale per poi lasciarlo a se stesso e ricordandosene quasi fosse un mezzo per distrarci dagli altri impegni. È questo che siamo chiamati a fare: avere cura ed attenzione verso un soggetto – e non oggetto – che è diretta emanazione e manifestazione della natura.
Si dice sempre che le parole sono importanti, ed il fatto che per definire un esemplare bonsai venga usato il sostantivo «materiale», ci da la misura di quanto, consapevolmente o inconsapevolmente, oggettiviamo un qualcosa che oggetto non è, definendone di fatto la relazione consequenziale non solo con l’albero in questione, ma con l’ambiente stesso.
Comprendendo questa differenza, ovvero che il bonsai è soggetto e non oggetto, il prendersene cura assume tutt’altra valenza ed importanza, ed il climate change può diventare un’occasione per stabilire coi propri esemplari un rapporto principalmente basato su una maggiore e concreta attenzione. Ma attenzione a cosa? Beh, a tutto: al colore della vegetazione ed alla idratazione delle foglie (squame o aghi), la presenza o meno di insetti o funghi, all’esposizione corretta, all’innaffiatura ed i suoi orari, alla presenza di ombreggianti e/o teli antigrandine, alla presenza di erbacce infestanti… insomma, ad ogni aspetto volto ad una coltivazione in cui nulla è lasciato al caso.
Ad esempio, lasciare crescere indisturbate le erbacce nei vasi dei bonsai, vuol dire non solo limitare per quest’ultimo l’assunzione dei macronutrienti (che verrebbero più rapidamente assimilate dalle infestanti), ma anche fargli assumere meno acqua, visto che quella disponibile verrebbe condivisa con queste concorrenti; aspetto questo da non trascurare per evitare colpi di secco più frequenti.
Di certo avere tanti esemplari non aiuta. Molto meglio averne meno – e maggiormente compatibili con le proprie latitudini – ma essere in grado di gestirli e prendersene cura con una maggiore frequenza ed attenzione, capacità quest’ultima in grado di cambiare positivamente non solo il nostro modo di vedere i bonsai, ma anche il modo di rapportarci alla natura e ai suoi bisogni.
Il bonsai, quindi, come chiave per una migliore comprensione dell’ambiente e del nostro impatto su di esso. Se nel meno c’è il più, allora il bonsai racchiude il segreto per il raggiungimento di una consapevolezza nuova volta ad armonizzare i nostri comportamenti in relazione con madre natura.