Aki Ten è una magnifica manifestazione magistralmente organizzata dal club di Bressanone, ed alla quale partecipo sempre molto volentieri, primo perché la mostra è senza competizione alcuna, poi perché gli alberi selezionati sono di un livello molto alto.
Una volta terminato l’evento, al ritorno, mi sono venute in mente alcune considerazioni che vorrei condividere con voi. La preparazione ad un’esposizione è per me un momento particolarmente impegnativo. Considero la mostra come un’opportunità di condivisione, ma anche di confronto e di verifica: il bonsai sarà esposto in uno spazio aperto al pubblico e tutti potranno vederlo, apprezzarlo, ma anche criticarlo.
È una questione etica e di rispetto. Si deve fare il possibile per consentirgli di esprimere al meglio le sue potenzialità. È lui il protagonista, io sono soltanto colui che lo ha affiancato in quello che è stato un magnifico, lungo viaggio. Adoro gli aceri, sono alberi di un’eleganza straordinaria, se li conosci bene ti accompagnano volentieri nelle diverse fasi della loro e nostra vita.
Questo albero è arrivato nel mio giardino circa 20 anni fa, forma e dimensioni erano molto diverse, ma sinceramente quello che è oggi lo si deve molto al suo buon carattere. Come spesso avviene, questi alberi vengono venduti in Giappone ai commercianti quando arrivano ad avere qualche problema di coltivazione, e, come in questo caso, quando iniziano a perdere qualche ramo.
Questa situazione è abbastanza frequente, e per un professionista giapponese è talvolta più vantaggioso vendere il bonsai; dovrebbe impiegare troppi anni per riprendere in mano una situazione oramai compromessa, richiedendo molto tempo per risanare l’albero, e per un professionista questa non sarebbe più una condizione proficua.
Sia nella parte posteriore che in quella sinistra, si potevano vedere due recenti cicatrici, risultato evidentemente della morte di due rami importanti. A questo punto che fare? Erano possibili diverse soluzioni. Un innesto di due nuovi rami sembrava quella più semplice, ma in questo caso scelsi di accettare ciò che accade in natura: gli alberi, soprattutto gli aceri, invecchiando perdono rami importanti e lo spazio tra loro si apre, lasciando molto vuoto tra uno e l’altro (cosa che in questa essenza viene spesso considerato come un difetto).
La perdita di due rami importanti aveva messo in evidenza un problema che probabilmente prima si notava meno: vi erano due rami vicini che nel tempo avevano occupato lo stesso spazio creando così un conflitto. Avevo deciso, non senza qualche dubbio e timore, di sacrificarne uno per dare la stessa immagine di leggerezza e una maggior armonia all’insieme. Immediatamente l’albero è risultato ancora più spoglio, ma ero cosciente di quanto questa fosse una situazione temporanea.
Nel tempo, e con le giuste cure, l’albero ha dimostrato di gradire questa soluzione. Il nuovo vaso, più grande di quello con cui arrivato dal Giappone, è stato uno degli strumenti di coltivazione più importanti, che mi hanno consentito di recuperare la sua salute e il suo vigore.
La concimazione, con un programma attento e pensato per le sue esigenze, la terra scelta con attenzione, l’esposizione al sole in primavera e la protezione di un’ombreggiatura leggera in estate, hanno fatto il resto.
Nel mondo del bonsai possiamo vedere sempre più spesso vere e proprie opere d’arte, frutto del genio di artisti sempre più capaci e con una tecnica estremamente raffinata. I loro bonsai esprimono in modo molto chiaro l’intento di artisticità: le loro forme, le loro chiome, i rami e in particolare le parti morte presenti nell’albero, hanno una perfezione assoluta e una bellezza straordinaria.
Tutto questo non si può ottenere in un acero. Questo albero ha un carattere delicato, semplice e privo di artificio, e chi lo coltiva deve esserne consapevole.
Anni e anni di lavoro servono a nascondere i nostri inevitabili interventi. Alla fine, se noi risultiamo invisibili e lui riesce a esprimere la sua genuina bellezza, abbiamo compiuto al meglio il nostro impegno. Non dovendo mostrare la mano dell’uomo, credo che gli aceri siano alberi più da “artigiani” che da “artisti”, quelli che più di altri ti aiutano a divenire un takumi.
foto © Edoardo Rossi, Nicola Crivelli
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2 Responses
Come sempre quando Edoardo Rossi descrive un suo bonsai oppore un suo kusamono, ti sembra di leggere qualcosa di poetico, Ti lascia immaginare di stare davanti a ciò che descrive e se poi puoi vederlo in fotografia, ti resta solo da ammirarlo. Il suo acero é bellissimo sia spoglio, nella stagione invernale, che in quella autunnale con le tante gradazioni di colore delle sue foglie che sono tanto affascinanti. Grazie Edoardo e grazie Takumi.
Aki Ten è certamente una delle esposizioni più belle e rigorose che di tengono in Italia…una delle poche in linea con la migliore tradizione giapponese, dove il protagonista è l’albero bonsai.