Per quanto in questi due ultimi anni il tempo paia essersi fermato, in realtà, la nostra mentalità non ha capito che poteva sfruttare un doloroso e pericoloso impasse per riscoprire l’attimo presente del vivere. Mi sono accorto che spesso ci sentivamo in gabbia senza analizzare se quella costrizione potesse avere anche dei “benefici”. Era uno stop obbligato che, forse, ci avrebbe concesso del tempo per cose che, in una perenne corsa verso non si sa dove, trascuriamo. A partire da noi stessi.
Per me è stato importante questo attimo anche per l’arte dell’ikebana perché, non potendo andare al Mercato dei Fiori, ho dovuto utilizzare ciò che il giardino condominiale offriva.
Ho preso questo esercizio come un’osservare il giardino romano, che collega le otto scale che formano il luogo in cui vivo, e sul cosa offrisse, dato che spesso gli abitanti vi abbandonano piante che non vogliono tenere in casa. Essendo quella la mia “ora d’aria” ho ritrovato il gusto del guardare con calma e attenzione ciò che avevo attorno.
Questo mi ha portato a una riflessione in generale sui tempi dell’ikebana.
I tempi dell’ikebana
A lezione è difficile far comprendere a un allievo che il 98% della composizione è l’analisi del materiale e come lavorarlo. Vedere di un ramo l’andamento, sentire il peso del baricentro, rimuovere le parti che vanno non nella direzione voluta o le foglioline che possono nascondere una bacca, un frutto da mettere invece in risalto. Carezzare la corolla di un fiore, comprendere come posizionarlo. Ricordarsi come cresce in natura.
Lo stesso vale per le tecniche di piegatura o l’oridane (ovvero la “troncatura” controllata di parte del ramo per dare l’andamento desiderato) o l’utilizzo di fil di ferro per le legature.
Probabilmente ci scordiamo che sono esseri viventi perché non li sentiamo “urlare”, ma sono elementi che la natura ci dona e noi dobbiamo non solo valorizzarli al massimo, ma trattarli con estrema cura durante la lavorazione.
Per tale motivo, a lezione, i partecipanti hanno un vasetto dove mettere il materiale in acqua fino a che non lo usano, e anche al termine delle varie composizioni.
Bisogna rispettare il materiale. Se un ramo va piegato lo si deve fare con gentilezza e assecondandone l’andamento verso il baricentro. Lo stesso per i fiori. Pieghiamo il ramo, lo posizioniamo innanzi alla composizione per capire se dovremo lavorarlo ancora oppure no.
Ikebana come osservazione
L’ikebana è osservazione. Solo e pura osservazione. Potremmo pure “non realizzare” la composizione tanto questa sia secondaria rispetto allo studio.
L’ikebana non è né veloce né artistico o… cubista: è lo studio della natura e come ricrearla per esaltarla. Tendenzialmente invece si va verso la composizione “strana” solo per fare qualcosa di veloce dove la natura è secondaria rispetto all’ego di chi crea il tutto.
Questa è la difficoltà dello stile libero. In esso io tento costantemente di far sì che sia la natura la vera protagonista cercando di andare a intaccarla il meno possibile.
Provo costantemente di comprendere come il materiale vada abbinato affinchè ognuno sia protagonista e non un elemento secondario; tutti devono avere pari dignità di espressione.
Costantemente osservo i Maestri giapponesi (attualmente per me i più interessanti che la mia scuola propone sono Mika Otani, Takayuki Fukazawa e Masaaki Ozono) come abbinano i materiali, come li lavorano, quali vasi scelgono per far sì che ogni elemento si unisca all’altro e lo esalti pur rimanendo tutti della stessa importanza e rilevanza estetica.
Se un’allieva mi manda per email la fotografia di un ikebana da correggere (nel mio gruppo diamo i compiti per casa) mi meraviglio quando dopo un minuto dalla mia risposta mi rimanda la composizione corretta.
Ogni passo va ben meditato e introiettato. Idem per le lezioni dal vivo. Il sottoscritto, e il Maestro Lucio Farinelli, spieghiamo uno stile e non vogliamo (o non vorremmo) vedere le allieve che subito partano in quarta. Anche perché spesso sbagliano subito, o poco dopo, sia nella scelta del materiale (non lo diamo mai contato, ma in abbondanza proprio per imparare a selezionare quello giusto) sia per come posizionarlo. Oppure si rovinano i fiori o si spezzano i rami o li si tagliano della misura errata. Proprio perché non si osserva.
Dovremmo essere delle pazienti lumache che si guardano attorno nel mondo meraviglioso che la natura ci offre e sperderci in forme e colori.