Nella mia vita ho avuto la fortuna di assistere più volte alla cerimonia del tè giapponese (Cha no yu anche conosciuta come Chadō o Sadō) non solo come spettatore e/o organizzatore, ma anche come ospite, sia in Italia sia all’estero.
Come in molte arti orientali mi sono accorto di come l’atto finale (qui bere il tè, nel mio campo realizzare un ikebana) sia la parte meno importante di ciò che si presuppone venga prima ovvero lo studio, l’esercizio, la preparazione.
Concetti difficili da comprendere fino in fondo per noi occidentali frettolosi, ma come descritto anche nel romanzo “Ogni giorno è un buon giorno” di Noriko Morishita, spesso, anche per gli stessi giapponesi, non è facile penetrare in questa realtà.
Recentemente ho letto il bellissimo romanzo “Hideyoshi e Rikyū. Il signore della guerra e il maestro del tè” di Yaeko Nogami che ricostruisce la vita del celebre Maestro del tè e il suo rapporto con il samurai Hideyoshi. Qui è ben descritta la società dell’epoca e le idee filosofiche e di vita che pervadevano chi seguiva la via dello studio del tè.
Un argomento davvero particolare che ho studiato in diversi saggi (tra cui come non segnalare di Aldo Tollini “L’ideale della Via” e “La cultura del tè in Giappone“), ma che presentava sempre una lacuna dal mio personale punto di vista ovvero la mancanza di trattazione, se non in modo frettoloso e superficiale, di un elemento tanto presente quanto discreto nella stanza dove si svolge la cerimonia.
A colmare questa lacuna l’ultimo libro di Roberta Santagostino (edito da Jouvence): “Chabana – Appunti sui fiori del tè” (Jouvence, 2020, pp. 106, € 11,40).
L’autrice tre anni fa aveva pubblicato l’interessante saggio “Piante e fiori dell’ikebana. Tradizioni, leggende e curiosità” rivolto, in realtà, a tutti coloro che sono interessati al mondo orientale e non solo agli ikebanisti.
Attraverso l’analisi della natura parlava di tutto ciò che riguardava il Giappone dalle tradizioni, alle idee e alla cucina.
In questo secondo saggio la Santagostino ci conduce attraverso numerose citazioni, fotografie e disegni, a comprendere come una disposizione naturale dei fiori in realtà sottintenda molte osservazioni e “regole”.
Il primo capitolo introduce alla vita e alle idee dei Grandi Maestri che hanno dato le basi e le idee a questa arte, e quella del tè, con lo scopo di dare un’ambientazione culturale e storica al tutto, affinché meglio si possano comprendere i successivi capitoli (Composizione, Pratica, Contenitori, Fiori del tè, Fiori Proibiti, Acqua).
È palese come la naturale disposizione dei fiori nel chabana in realtà, come dicevo prima, non sia tale essendoci molti accorgimenti alla base.
Se è vero che questo concetto è (dovrebbe) essere palese anche nell’arte dell’ikebana nel chabana, utilizzando pochi elementi messi assieme, ha una maggiore valenza.
Nel libro viene spiegato in quale posizione del tokonoma porremo il nostro chabana, e in quale modalità sarà realizzato la composizione floreale, andando a toccare anche importanti concetti come Ma o Wabi.
Proprio spiegando questi due concetti giapponesi, meglio si può assaporare la poesia che i chabana possono offrire discretamente all’ospite che viene per la cerimonia del té.
È una cura di presentazione non volta ad un piacere sensoriale, come può essere la bevuta di un ottimo té o la visione di fiori spettacolari, ma ad un senso di poesia gentile, di calma mentale, del tempo che rallenta all’infinito dilatandosi (Puccini farà cantare a Madama Butterfly: Noi siamo gente avvezza alle piccole cose umili e silenziose, ad una tenerezza sfiorante e pur profonda come il ciel, come l’onda del mare).
Nulla viene lasciato al caso e, proprio per il concetto di wabi, la bellezza non risiede in orchidee o materiali dai colori sgargianti, ma nei fiori, le foglie, i rami di campo, quelli in apparenza umili, ma che in realtà hanno un loro ben preciso carattere.
Questo però presuppone un’attento studio e non un’osservazione superficiale della natura. Non la visione di insieme, ma del particolare.
Gli stessi vasi utilizzati hanno una fittizia rusticità, ma nulla in loro è lasciato al caso.
Nel libro si ripercorrono anche i tradizionali stili shin-gyō-sō, termini che attraversano le arti di questa nazione declinandoli qui per il chabana.
Un percorso esaustivo, chiaro, scritto in maniera divulgativa, mai pedante, anzi si percepisce tutta la passione di colei che lo ha realizzato, grazie anche alle sue composizioni che illustrano i vari capitoli.
Questi chabana ad un occhio superficiale potranno sembrare semplici da realizzarsi, ma lì sta il maggiore inganno delle arti floreali giapponesi.
Solitamente dove c’è semplicità, maggiore è la difficoltà tecnica. La tecnica non è puro studio, ma passione, esercizio, confronto fino a che questa si stemperi e paia scomparire.
Interessante l’accenno al Kōdō, pratica poco conosciuta in Italia, ma che sarebbe interessante riscoprire.
A suggellare il volume un capitolo sulla poesia, i componimenti giapponesi dedicati ai fiori ed un’interessante postfazione di Luca Leporati.
Come per il precedente libro della Santagostino credo che non sia destinato solo a coloro che studiano ikebana, ma sia un tassello importante di conoscenza della cultura giapponese.
La pratica comporta cominciare a imparare da uno per conoscere dieci poi tornare dal dieci all’uno originale (att. Sen no Rikyū)
Sostieni TAKUMI lifestyle su Tipeee
One Response
[…] cura nella posizione del chabana (per un approfondimento sul tema rimando al libro di Roberta Santagostino edito da Jouvence), la luce che arriva ad illuminare il tokonoma (e qui è necessario citare Libro d’ombra di […]