Incarnazione di ottimismo, spiritualità, salvezza, compassione, forza d’animo, Jizō è uno delle più amate divinità giapponesi. Jizō è un Bodhisattva (in giapponese Bosatsu), un illuminato che rinvia lo stato di Buddha per poter salvare tutte le anime sofferenti.
In tutto il Giappone è impossibile non imbattersi in una sua statua; lungo i bordi delle strade, nei cimiteri, nei templi, nei santuari, nei sentieri, tra i tappeti erbosi di un bosco… oppure in posti ritenuti speciali, confini tra luoghi fisici e spirituali.
Protettore dei viaggiatori e dei pellegrini, è adorato anche come protettore dei nascituri, delle partorienti, e dei bambini nati morti.
Le statue in pietra di Jizō (la pietra è un materiale dall’elevato valore spirituale, è stato adorato ed utilizzato per la protezione sin dai tempi antichi) sono spesso adornate con piccoli cappucci, sciarpe e bavaglini rossi (il rosso rappresenta la protezione, nonché il colore utile a scacciare i demoni e le malattie), fatte dalle madri dei bambini morti.
Non a caso i lineamenti di Jizō sono spesso infantili, proprio a ricordare i bambini che protegge.
Secondo la leggenda, i bambini morti prematuramente vengono inviati al Sai no Kawar – l’alveo delle anime del purgatorio – come punizione per aver causato dolore ai loro genitori.
Una volta lì, un’orrenda creatura chiamata Shozuka-no-Baba spoglia i bambini dei loro vestiti e poi li incoraggia a fare dei mucchi di pietre per costruire una scala per il paradiso. Ma ogni notte, i demoni comandati dall’orrida creatura, provvedono a distruggere questi mucchi di pietre. Il giorno dopo i bambini devono farne di nuovi, e così all’infinito.
Ma grazie alle preghiere e a doni che i genitori rivolgono all’amato protettore, Jizō arriva in soccorso dei bambini, consolandoli, nascondendoli nella maniche della sua veste e portandoli definitivamente in salvo dal Sai no Kawara.
Questo il motivo per cui a volte si vedono piccole torri di pietre accanto alle statue di Jizō. Le persone le fanno per poter aiutare i propri bambini a raggiungere prima il loro obiettivo. Spesso vi lasciano anche giocattoli, caramelle o simpatiche girandole colorate come offerta alla divinità.
Ancora oggi le donne pregano Jizō per la loro fertilità o per avere un parto tranquillo. Alcuni templi vendono amuleti e statuine proprio per questo scopo.
Nel tempio di Narihira Santosen a Katsushika, nei pressi di Tokyo, si trova l’antico e famoso “Jizō legato” risalente all’epoca dello shogunato.
Quando si prega per l’aiuto di Jizō, il richiedente mette un laccio attorno alla statua, e quando il desiderio è stato esaudito il fedele torna al tempio per slegarlo.
Nella cerimonia di inizio anno, i lacci delle richieste non esaudite vengono tagliati dal sacerdote del tempio.
Col passare del tempo Jizō ha incarnato elementi shintoisti, buddhisti e taoisti. Nelle sue svariate forme e rappresentazioni il suo insegnamento fondamentale è l’importanza del vivere il momento presente come via per essere liberi dalle sofferenza.
Il suo volto, espressione della sua personalità e delle sue manifestazioni, ci ricorda il bambino che è dentro di noi, ignaro del passato e del futuro, ma conscio solo del presente, pieno di gioia di vivere, di curiosità e spontaneità.
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