È noto, nei tempi attuali, l’esistenza di una moltitudine di “offerte spirituali”. Con offerta intendo la possibilità di scegliere tra molti e distinti cammini che hanno come tema lo studio della spiritualità o che si propongono di avere una meta spirituale. In questo contesto è doveroso sottolineare che l’offerta non è necessariamente di matrice religiosa, bensì spesso laica.
Un gran bel passo in avanti se solo si pensa a quando l’unica possibilità di salvezza era la messa della domenica e tutti se la dovevano far andar bene per forza.
Finalmente la religione, la religiosità, la fede e la spiritualità (badate bene son tutte cose diverse fra loro) possono essere scelte liberamente e a proprio piacimento senza dover essere sottoposti a giudizi o commenti (diciamo quasi sempre).
In questo variegato scenario si sta assistendo a molti diversi atteggiamenti e prese di posizione: chi preferisce essere conservatore e continua a seguire la propria religione/fede, chi sceglie di essere curioso e si affaccia a nuove argomentazioni ascoltando con interesse, e chi, forse per eccesso di possibilità di scelta, fatica a farne una.
Proprio loro sembrano essere gli ultimi della categoria, gli indecisi, i disperati, quelli che “si va bene questo, ma mi dia anche un po’ di quello”, ma che in realtà rappresentano la maggior parte di noi.
Sono quelli che incontriamo praticamente dappertutto, ai cerchi esperienziali, alle riunioni private, alle cerimonie, agli incontri silenziosi, alle passeggiate meditative ed ogni volta sono entusiasti della nuova esperienza. E ne hanno tutte le ragioni!
Come negare che ogni singola prima esperienza non sia interessante, accattivante, entusiasmante? Infatti è innegabile. Provate a pensare: come fu la prima volta che incontraste il cammino spirituale che da allora seguite? Se ripenso al mio, posso affermare che fu assolutamente entusiasmante e interessante.
Quel primo e tutto sommato fugace incontro, fu lo sprone per tornare lì la seconda volta e poi la terza, e così via. Ma chi, dopo i primi incontri, potrebbe dire che ogni singolo incontro del personale cammino sia stato di quella stessa “qualità” (interessante, accattivante, entusiasmante)? In tutta sincerità credo veramente pochi.
Certo si ricordano tutti i momenti piacevoli ovviamente, ma ci si ricorda ancor di più dei momenti difficili, le profonde riflessioni, gli scambi su questioni delicate, i silenziosi pianti interiori. Personalmente ricordo ogni singolo momento di questi con enorme affetto e con ancora più grande gratitudine.
Il motivo è semplice: è nella difficoltà e nel superamento della stessa che si incontra l’evoluzione spirituale (o cambiamento che dir si voglia, a me piace sperare che ogni cambiamento spirituale sia un andare avanti, un’evoluzione appunto).
A questo punto sarebbe lecito domandarsi: “è quindi male cambiare continuamente percorso?”. Assolutamente no, semplicemente non è utile. Non è utile al cambiamento, alla metamorfosi interiore, ma è per certo un’attività piacevole.
Partecipare ogni volta a diversi incontri, seguire diversi percorsi, non da la possibilità di incontrare l’intoppo, la difficoltà, che conduce alla riflessione che porta al discernimento ed infine alla consapevolezza. Insomma, non si genera cambiamento.
È importante domandarsi di che cosa si è in cerca quando si sente lo stimolo (o la necessità) ad una ricerca spirituale. Ci si dovrebbe domandare se si ha voglia di un diversivo o di un cambiamento. Si dovrebbe essere molto onesti con sé stessi e pronti ad affrontare le variegate difficoltà che il cammino spirituale pone ad ogni passo.
Se si piantano dei semi, ma non si torna mai a prendersi cura del terreno, ad estirpare le erbacce, a dare acqua alla terra, non si raccoglieranno mai i frutti.
Siate pazienti, siate umili, determinati e coraggiosi. Ascoltate la voce di ciò di cui avete bisogno senza paura di abbandonare ciò che trovate superfluo, anche se fino a quel momento vi era sembrato fondamentale. I frutti arriveranno, al momento giusto (e di solito quando non li si aspetta).
Buon cammino…